Napoli 2500

Quale sia stata la nobiltà e la grandezza del corpo / la testa superstite mostra / Un barbaro mi impose il morso / la superstizione e l’avidità mi fecero morire / il rimpianto dei buoni accresce il mio valore / Qui vedi la testa / le campane del duomo conservano il mio corpo / con me perì lo stemma della città […]

Epigrafe del cavallo Carafa, Napoli

 

Una città non è una collezione di monumenti. Non è nemmeno un elenco di date o il contenuto di un confine amministrativo, bensì il «locus della memoria collettiva». Una città è un’idea che si costruisce nei secoli attraverso le esperienze dei suoi abitanti, che a loro volta risentono della sua costante influenza. Crediamo che questa complessità non possa essere rappresentata in modo figurativo senza impoverirne il significato.

Il nostro progetto, pur essendo necessariamente sintetico, vuole sostenere questa posizione. Abbiamo deciso quindi di escludere a priori dalle possibilità una folta schiera di «luoghi comuni» già abusati nella comunicazione pubblicitaria del turismo, dell’enogastronomia e dello sport. Il ricorso a queste immagini non potrebbe che banalizzare il messaggio, rendendolo inoltre meno immediatamente distinguibile.

 

Prospettiva delle due antiche cattedrali di Napoli, in B. Sersale, Discorso istorico della cappella de’ signori Minutoli, Napoli, 1745

 

Occorre precisare – come si evince dalla scelta del «corsiero del sole», protagonista di innumerevoli leggende e racconti popolari – che il problema dei luoghi comuni non è tanto l’essere comuni, quanto piuttosto l’essere fuorvianti o riduttivi.

Come suggerito dalla ricorrenza di un così importante anniversario, abbiamo cercato di attingere da tutta la storia di Napoli e non solo da quella recente (che potremmo inavvertitamente percepire come più rilevante), per individuare (e non inventare) un simbolo davvero condiviso.

Più di tutto, però, riteniamo fondamentale impostare la comunicazione su un piano emotivo, stimolando l’osservatore stesso a completare lo spunto offerto dal logotipo con la propria immaginazione, che sarà sempre più suggestiva di qualunque immagine.

 
 

Il rilievo in bronzo sulla facciata di palazzo Matteotti, opera di Gaetano Chiaromonte (Salerno, 1872–Napoli, 1962), è un modello diretto per il pittogramma. La scultura, datata 1934–1935, raffigura un cavallo rampante «sfrenato» come quello dell’antico seggio (o sedile) di Nido. Come per consuetudine araldica l’animale è fieramente rivolto a «destra», la sinistra dell’osservatore, ovvero verso il nemico.

 

A.-J. Gros, Portrait équestre de Joachim Murat, roi de Naples, 1812

 

Per poter tradurre un oggetto tridimensionale in figura monocromatica, le forme naturali del cavallo sono state scomposte e semplificate. Anche la posa è resa più enfatica distanziando proporzionalmente la testa dal collo e le gambe tra loro, così da evitarne la sovrapposizione. Abbiamo razionalizzato lo spazio negativo e aggiunto «trappole per inchiostro», accorgimenti necessari per garantire la riproducibilità e la leggibilità a tutte le scale.

 
 

Il lettering sviluppa ulteriormente i temi già introdotti in modo simbolico dal pittogramma. Riporta esclusivamente le informazioni che abbiamo ritenuto indispensabili, cioè il nome Napoli e il numero 2500, escludendo ridondanti menzioni dell’anniversario o della data di fondazione che appesantirebbero la composizione senza aggiungere significato, e che possono facilmente essere dedotte dal contesto in cui il logo è impiegato o meglio ancora esplicitamente enunciate nel materiale pubblicitario in cui sarà inserito.

 
 

Questa semplificazione del contenuto permette al progetto di affrontare più liberamente lo scopo evocativo del lettering, che nella versione completa del logotipo si configura direttamente come tagline. Dunque «Napoli, una storia lunga 2500 anni.» assolve la sua funzione didascalica, ma allo stesso tempo ci introduce nella dimensione più intima di questa ricorrenza, quella delle storie di Napoli e dei suoi abitanti passati, presenti e futuri – non solo date sul calendario, ma una millenaria stratificazione di memorie.

Anche nelle due versioni ridotte, orizzontale e verticale, dopo la parola Napoli è conservata la virgola, come se si trattasse ogni volta dell’inizio di un racconto.

 
 

Il pittogramma è stato successivamente inscritto in una griglia di 5×5 moduli, che fungono da unità di misura per la combinazione con il lettering. In tutte le varianti del logotipo, un modulo è l’ampiezza della fascia di rispetto intorno al pittogramma. Nella versione completa e in quella verticale, le maiuscole sono alte 1/5 del cavallo e l’interlinea è 2/5. Nella versione orizzontale, le maiuscole sono alte 3/5 del cavallo. In tutte le versioni dove presenti, i numeri senza grazie sono alti 3/25 del cavallo.

Ipotizzando un consistente impiego della fotografia all’interno dei materiali pubblicitari, e in generale una grande varietà di situazioni e quindi di sfondi, la palette è ridotta all’essenziale e il logo stesso non affida la sua riconoscibilità al colore.

 
 

24.14
Visual identity for Naples’ 2500th anniversary
Open competition

Location: Naples, Italy
Year: 2024
Status: unrealised

Client: Comune di Napoli
Design, visualisation, text: Valerio Poltrini
Typefaces: Huy! Fonts
Photography: Paolo Monti, Cyrille Weiner

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